“L’Italia di Dante” Incontro con Giulio Ferroni
DATA: 30 Giugno 2021
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Centro Polifunzionale Studenti, Bari – Mercoledì 16 giugno 2021
GIULIO FERRONI presenta alle Donne in Corriera il suo libro “L’Italia di Dante”
Nell’era del digitale, in cui tutto passa per le immagini, gli schermi o attraverso rapidi e scarni messaggi e noi tutti fruiamo di questi mezzi e dei loro – anche se spesso discutibili – vantaggi – soprattutto in questi anni drammatici per il nostro vivere collettivo-abbiamo riscoperto il valore del libro e della lettura.
E stasera abbiamo un grande libro da maneggiare, di cui parleremo con l’Autore, le amiche e gli amici di Donne in Corriera, con studiosi di Dante Alighieri ed estimatori del professor Emerito Giulio Ferroni, accademico di spicco, letterato, critico prestigioso della letteratura italiana che ringraziamo per ciò che ha prodotto e per essere qui ad aprire una rassegna dantesca (ideata dalla professoressa Rita Ceglie) che s’inquadra negli eventi organizzati per festeggiare il decennale dell’Associazione Donne in Corriera.
Con l’amica Lucia Schiralli vogliamo consegnarvi e consigliarvi questo che non è solo un libro ma è IL LIBRO, un monumentale saggio sul Sommo poeta, nella ricorrenza dei 700 anni dalla sua morte e un ‘monumentum‘ all’Italia, quella percorsa da Dante, quella immaginata, rievocata o solo citata nelle sue opere, un paese ‘maior’ et ‘minor’ cui Ferroni dà – come Dante-luce, vita, colore e calore attuali ma che hanno il buon sapore del mondo antico e che, se pure non è “lo giardino“ vagheggiato da Alighieri, viene ritratta e riscoperta dall’autore nel suo realistico essere e potenziale divenire.
Le Donne in Corriera che leggono, amano, ricercano libri, hanno scelto, per ricominciare gli incontri culturali in presenza, di ripartire da Dante e dall’Italia narrata nell’encomiabile lavoro di Ferroni redatto in collaborazione con la Società Dante Alighieri, edito nel 2019 dalla Nave di Teseo. Un volume intitolato l’Italia di Dante (viaggio nel Paese della Commedia) che reca in copertina un pregevole olio a inchiostro di Tullio Pericoli, Terre Separate, che rappresenta appunto la separatezza, la distanza, le differenze paesaggistiche dell’Italia che -come si evince dalle descrizioni di Ferroni – ne costituiscono anche la complessità e la ricchezza.
Un libro importante, che segna uno snodo fondamentale sia per gli studiosi, gli esegeti, i critici danteschi sia per chi soltanto ama la poesia, Dante, la letteratura e ritrova nello ‘bello stilo’ di Giulio Ferroni la piacevolezza di una narrazione colta, densa, profondissima, ‘letteraria’ e, in quanto tale, capace di suscitare emozioni, suggestioni, riflessioni.
Un libro da leggere e rileggere, da gustare, da ripensare, lentamente. Peraltro, è lo stesso Ferroni che, arrivato in Sicilia (sul lungomare di Pachino) ci dice di aver letto l’insegna di un locale, che suonava così in puro dialetto siciliano: MOVITI FERMU, espressione ossimorica che traduce il festina lente latino, il ritmo con cui tutti noi dovremmo avvicinarci alla lettura di quest’opera. Con calma, curiosità e desiderio di riscoprire il valore letterario dei testi, direi, naturalmente, dilatando e adattando il senso dell’espressione antica.
In un viaggio ‘rovesciato’ rispetto alla Commedia in cui Dante stesso diviene ‘lo duca’ di tutti noi, Ferroni, ci guida – insieme e attraverso lui-alla scoperta non solo dei luoghi danteschi ma dell’Italia intera, degli uomini e delle donne che l’hanno popolata e la abitano, degli artisti del passato remoto, prossimo o del presente, per una prioritaria necessità, come afferma lo stesso autore nell’introduzione, “confrontarsi con la letteratura…perché tornare a Dante è anche sfuggire all’inconsistenza e all’inessenzialità di tanta letteratura di oggi…è ritrovare le vere ragioni della grande letteratura…“
Un viaggio dentro Dante e intorno alla letteratura, dunque, come ci ripete Ferroni, letta attraverso i luoghi di un Paese. Una magistrale lezione di geografia intesa non solo come conoscenza dello spazio fisico, ma anche di quello umano, storico, civile, sociale, etico in cui viviamo. Un ‘finito’ reale che ricostruisce l’infinito interiore dell’uomo che Dante scruta sempre con rigore, severità, ma anche ‘pietas’ cristiana.
L’autore vuole ridisegnare un’idea di luogo in una civiltà che ha sancito il ‘non luogo’, la velocità, la perdita di coordinate precise della realtà, che, in passato, attraverso segni riconoscibili e universalmente condivisi, guidavano l’uomo nel mondo e lo orientavano anche nelle sue scelte.
Come con un drone (tanto per citare la tecnologia), noi guardiamo in una visione pluridimensionale, la panoramica che Ferroni ci offre dell’Italia, da un punto di vista culturalmente alto, e ci consegna un paesaggio variopinto, multiforme, su cui spesso zooma per farci scoprire alcune realtà con maggiore consapevolezza, anche quella dell’attualità. Il suo è un muoversi nello spazio e nel tempo intra nos, super nos, extra nos. Un andare e venire senza sosta tra storia e storie, da Roma a Firenze lungo la penisola.
É un immenso palinsesto in cui si scoprono luoghi, personaggi, eventi, riferimenti storici, letterari, artistici, curiosità, in cui apprezziamo – in una apparente lineare struttura del testo – la varietas e il color poeticus dello stile nei passaggi descrittivi e narrativi – ma soprattutto la sua abilissima sfida al labirinto che utilizza per raccontare la parabola dantesca (il suo scendere e salire per le antiche scale, l’andare per villaggi, paesi e città) gli itineraria mentis e corporis dei due viandanti, due pellegrini, Dante e Ferroni, che compiono insieme un viaggio – immaginato o reale – nel tempo per conoscere e scoprire la verità e ricomporre in un grande affresco giottesco il frammentato e fragile reale.
In questo cammino non c’è Virgilio, ma ci sono Brindisi (dove il poeta morì) e il mare che lo evocano (p. 281) e, come nella Commedia, ci sono proprio tutti: gli sconfitti (Pasolini, pagg. 86-88), i grandi, gli eroi, i piccoli, persino Coppi o Pantani.
E questi ultimi ci fanno pensare non solo ai grandi scrittori che fecero del viaggio in Italia un genere letterario, Goethe, De Sade, ma ai più recenti Piovene e Soldati, ai grandi reportage sul Giro d’Italia – epici -negli anni della ricostruzione e del miracolo economico italiano.
E leggiamo di un paese povero e ricco, umìle e alto, misero e povero, comunque vero.
Mi piace ricordare con voi il passo in cui Ferroni parla di Milano (pagg. 1024-1025), Una Milano da bere e scintillante. Una pagina che assume un valore di stridente tragicità se confrontata alla città massacrata dalla pandemia di un passato recentissimo. Ci ha riportato alla mente, attraverso nessi e riferimenti, il Pellegrino di Puglia, Cesare Brandi e Giuseppe Ungaretti che, inviato speciale della Gazzetta del Popolo di Torino, nel 1934 segue il corso del fiume Sele e la costruzione dell’Acquedotto pugliese, in un percorso che lo porta, a “correre dietro l’acqua in su e giù, dal Gargano a Caposele”, e lo fa piombare spesso in ambienti che ricordano i gironi infernali di Dante, come afferma nel suo Il Deserto e dopo. La cui parole possiamo rileggere in un bellissimo saggio del professor Guaragnella curato da Emanuela Angiuli, edito da Adda e pubblicato nel 2019, Alle fonti del Sele.
Diversamente dal nomadismo ungarettiano, i due compagni di viaggio non sono girovaghi, hanno una meta, cui giungeranno esplorando spazi, vivendo intensamente il quotidiano, penetrando nell’animo umano, come osservatori pensosi, due intellettuali che ricercano ‘virtute e canoscenza’ in un andare per il mondo che li aiuti e ci aiuti a trasumanar, ma anche ad organizzare esperienze interiori e/ o reali che hanno comunque sempre origine e fine nell’uomo il cui viaggio non è un errare ma un tendere alla pienezza e al senso dell’esistenza.
Grazie di tutto ciò che ci ha donato, professor Ferroni.
M. Celeste Maurogiovanni
1. Reading pagina 623-25. È la città di Venezia e si racconta la storia di Santa Lucia, fra presente e passato, fra agiografia ed urbanistica. In onore di noi donne in Corriera, leggo di Lucia, di Santa Lucia a cui Dante era devoto e che compare nella Commedia per ben tre volte.
2. Reading pagina 108. Leggo di Firenze, la Firenze di oggi che incrocia quella di ieri. La sintassi funzionale al contenuto crea coesione e compattezza al massaggio dell’autore.
3. DOMANDA: leggendo il suo libro si impara davvero molto, non solo di letteratura, ma anche di storia, storia dell’arte, malacologia, cinematografia, gastronomia, ecc… Si scoprono e si riscoprono i testori del Nostro Bel Paese. In passato, seppur frammentata e parcellizzata l’Italia trovava compattezza nella cultura, in uno slancio culturale comune. Oggi? Può oggi la cultura ridare uniformità a questa Italia così sfilacciata? Si potrebbe partire dalla lingua e da Dante?
Lucia Schiralli
