Incontro con Piero Manni

Edizione 2017
LUOGO:

Libreria Laterza-Bari


PERIODO:

9 marzo 2017

DETTAGLI:
9 marzo 2017 ore 18 Libreria Laterza PIERO MANNI con Le Donne in Corriera presenta il libro "Che dice la pioggerellina di marzo" di Piero manni (Ed. Manni)
Intervengono Enrica Simonetti e Roberta Monaco Se la poesia ci annuncia la primavera di ROBERTA MONACO “Quasi sempre con i poeti c’è qualcosa da imparare”

Se la poesia ci annuncia la Primavera, perché come sappiamo a marzo, il 21 marzo, ricorre la Giornata Mondiale della Poesia, forse perché Alda Merini è nata in quella data (21 marzo 1931), o forse perché qualche cliché fa associare la poesia alla bellezza, dunque alla stagione più bella dell’anno, allora bene fanno Le Donne in Corriera a scegliere il mese di marzo per parlare di poesia. Il libro presentato è a cura di Piero Manni, della nota casa editrice (San Cesareo – Lecce) che non possiamo non definire engagée.Militante. Basta pensare alla rivista letteraria trimestrale “l’immaginazione’, edita a Lecce, nata nel 1984, che ha raggiunto il numero 300 (cfr. Gazzetta del Mezzogiorno 15.08.17 Ma che Letteratura sarebbe senza “l’immaginazione”?di Anna Grazia D’Oria), che non è solo “un documento del tempo”.

Quando sono stata invitata ad intervistarlo, con la bravissima giornalista ENRICA SIMONETTI, ho avuto un po’ paura. Ho letto il libro tutto d’un fiato e mi sono detta che non ce la potevo fare. Infatti in questa antologia sono raccolte le poesie più diffuse sui libri delle scuole elementari e medie degli anni Cinquanta, a dimostrare la continuità culturale e pedagogica della Repubblica con il ventennio fascista. Se è vero che intere generazioni formatesi negli anni Cinquanta conoscono ancora a memoria i versi imparati a scuola, siano esse celebri o semplici filastrocche, io non avevo nessun ricordo in merito. Nessuna preparazione. Si, è vero, ho scritto due libri di poesie. Ma non vuol dire. Si, è vero, a scuola ero brava in italiano. Ma non vuol dire. Se dovessi fare una sorta di raccolta differenziata della memoria, faccio fatica a ricordare. Riemergono solo Foscolo (p.62 A Zacinto), Pascoli (p.34 X Agosto), Carducci (p.19, Pianto antico), tutti gli altri autori presenti nel libro, o quasi (ad esempio Gozzano l’ho scoperto tardi) erano per la sottoscritta, perfetti sconosciuti. Sono nata nel ’61, mi dico, non posso avere memoria dei poeti di questa raccolta. Perché il nodo è proprio qui: Queste poesie venivano imparate a memoria. Ed io ricordo a stento Il 5 maggio. Non ho scelta, mi metto a studiare. Intervisto i miei studenti, pesco nei loro ricordi di scuola, poi chiedo ai docenti di lettere, e mi rendo conto che buona parte di questi autori oggi sono penalizzati dalle antologie. Però mi rendo conto che di domande da fare al Manni ne ho tante, ed il piacere di dialogare di poesia …vincit omnia: accetto. Mi piace “riflettere” sull’importanza o meno di imparare a memoria oggi, si dico proprio, oggi, un testo poetico. Cosa ricordo io delle poesie di scuola? Cosa si è sedimentato, cosa può tornare a galla? Forse in realtà ciò che abbiamo imparato diventa talmente nostro che ci dimentichiamo anche la provenienza. Talvolta ricordiamo i versi, l’incipit di un testo, e non l’autore. Personalmente sono una docente che in questa attività ci crede ancora, e, su base volontaria faccio a volte imparare a memoria… e per giunta in lingua francese! Sul piano semantico, poi, la spiegazione viene spontanea: sono proprio i francesi ad usare l’espressione apprendre par coeur, imparare con il cuore, per tradurre il nostro ‘ imparare a memoria’. Non sono poi le cose importanti, quelle che ci restano dentro, appunto nel cuore, e portiamo nella nostra memoria per sempre? Se è vera la citazione di Vito Maurogiovanni “chi ricorda vive bene, vive due volte, la memoria resta dunque lo strumento, uno strumento per amare di più la vita.

Proprio da qui, da questo tema, dopo i saluti da parte della Presidente GABRIELLA CARUSO e la presentazione dell’ospite da parte della padrona di casa, MARIA LATERZA, parte la domanda di ENRICA SIMONETTI. Come è nata l’idea, e quali poesie di oggi lui manderebbe a memoria. La memoria è importante, “c’è la barbarie oggi!” replica Manni. Ma il cervello ha tanto bisogno di esercitare la memoria. Fa l’esempio del fratello malato di Alzeihmer a cui è stato consigliato questo esercizio. L’enigmistica, può essere funzionale, aggiunge la SIMONETTI, come intervento possibile sugli anziani. E comunque quelle poesie sono scritte per essere “recitate”, per la metrica, gli enjambements.

Inevitabile il riferimento alla nostra Alda Merini, “i fatti non dicono la verità, è la memoria che ce li svela”, dirà Alda. Ed è bellissimo, toccante il suo racconto, supportato da aneddoti e immagini che ci fanno “entrare” nell’animo della poetessa, sentirne la voce o quasi… racconti legati all’esperienza e conoscenza diretta che Piero Manni ha avuto con “l’unica poetessa che ancora si vende. In Italia infatti non si vendono libri. Solo Alda Merini resta venduta e rappresentata in teatro”. Perché, bisogna dirlo, con la poesia non si fanno affari. “La poesia non serve a niente”, mi ricordo diceva Montale, eppure , citando Pirandello: “I poeti sono la variabile indipendente, la corda pazza di una società. Sono loro che definiscono il grado di respirabilità dell’aria”. Dunque l’espressione poetica ha un valore, sebbene si discute da anni della morte della poesia e della letteratura. Eppure, anche “ se la parola oggi fa fatica” (Valerio Magrelli) proprio per la diversità dei mezzi espressivi l’offerta può essere arricchita, anche se la loro velocità si scontra con la lentezza tipica della letteratura. E così chiedo all’editore: “secondo lei ci potrebbe essere oggi un rinnovato interesse della poesia, forse in antitesi con un linguaggio che si va impoverendo? Insomma, se è vero che la poesia ha la capacità di “illuminare le cose dall’interno”, allora è possibile credere ancora nella poesia, nella letteratura, nella sua valenza formativa? Certo, non c’è un’utilità immediata, per come immaginiamo l’utile, nella poesia, ma proprio in questo senso la parola gratuita della poesia si pone ambiziosamente una durata ed ha la presunzione di trattenere nella memoria immagini, movimenti, odori, sapori diversi. A volte la pratica è meglio della teoria, così Manni coinvolge il pubblico, chiedendo di leggere, scegliendo dal ventaglio possibile che l’indice presenta, una poesia che “si sente propria”. E la risposta degli ascoltatori/lettori arriva immediata. Una signora, con l’antologia in mano, seduta fra le prime file, si offre. La riconosco, è una docente di lettere del liceo Scientifico Scacchi, in pensione, bravissima . Ci restituisce, con una lettura davvero magistrale, quasi a memoria alcune strofe, La ballata del prode Anselmo,di Giovanni Visconti Venosta, e il suo accento sembra in sintonia con i luoghi appartenenti al poeta. Applausi ed altri partecipanti “attivi” che intervengono. Notiamo come prevale in queste poesie l’elemento sonoro, il refrain,la musicalità, l’essere poesie orecchiabili. Penso ad esempio all’ultima sezione del libro dove troviamo le poesie più giocose, quasi delle filastrocche. Ritroviamo Umberto Saba, Giuseppe Giusti, Gioacchino Belli, Guido Gozzano, Ugo Betti. Nell’introduzione al volume, Piero Dorfles illustra l’architettura del libro, anacronistico forse oggi, ed il fine morale che la poesia aveva nel secondo dopoguerra, con quella visione decadente e quella retorica sentimentale e patriottica. Sono presenti in questi poemi l’esaltazione dei valori della famiglia, il confortante rapporto tra genitori e figli, tra nonni e nipoti, il rispetto dovuto alla natura, ai lavori umili, il rimando costante al tragico, al drammatico, alla morte, alla caducità dell’esistenza. E tuttavia “non si può negare che quella cultura avesse una capacità di convivere con l’immanenza e il senso ultimo delle cose che la contemporaneità ha perso” (p.10). A proposito di mancanze, ENRICA SIMONETTI si chiede il perché dell’assenza dei poeti meridionali nella raccolta. Bodini, ad esempio. “Allora il Meridione era campagna!” risponde Manni. Come avvenivano le scelte? Non c’era rottura fra libri della scuola elementare e scuola media. La formazione era la stessa. Le tematiche, le grandi tematiche. Il conservatorismo prevaleva. La situazione cambiò con gli anni ’60. Negli anni ’50 non si accorsero del cambiamento, del boom economico che iniziava. Scotellaro, Bodini, erano assenti. Poi due elementi si imposero: la scuola dell’obbligo e l’avviamento professionale. Gli esami di ammissione alla scuola media erano rigorosi, la scuola elementare aveva programmi obsoleti. Il linguaggio era démodé, molti ragazzi parlavano il dialetto… Insomma le digressioni possibili sono tante, l’interlocutore piacevolissimo, la giornalista vivace e stimolante come sempre, ma ricostruire troppo fedelmente questo incontro per me è un compito più difficile, perché troppo “coinvolta” , e non solo per le emozioni che parlare di poesia suscita in me.

Allora, concludo con l’affermazione di un poeta, Andrea Zanzotto, ottimista: “La poesia è sempre attuale”. E forse possiamo dire che anche con la pioggerellina di marzo… fuori è primavera.

PROSSIMI EVENTI