Incontro con Paola Cadelli
LUOGO:
Libreria Laterza - Bari
PERIODO:
31 maggio 2018
DETTAGLI:
Se la lettura può diventare “musica” / Se la musica (e la scrittura) ci salverà… /Se un pianoforte è muto e un libro può diventare musica
L’ultimo concerto, ultimo romanzo di Paola Cadelli
di Roberta Monaco
Il 31 maggio alla libreria Laterza , con la scrittrice Paola Cadelli, invitata dalle Donne in Corriera e intervistata da Enrica Simonetti, si continua a parlare di bei romanzi, anzi di romanzi e musica (il precedente romanzo di Francesca Palumbo, La tua pelle che non c’è, edito da Besa, presentato qualche giorno prima, mutua il titolo da una canzone degli Afterhouse, Pelle). Romanzo “corale”, per restare nell’area semantica della musica, perché la musica può diventare filo conduttore di rapporti, come nel caso dell’appassionante libro L’ultimo concerto (L’asino d’oro, Roma, 2016, euro15, pp.288) dell’autrice, Paola Cadelli, medico, cardiologo, tra l’altro, che si apre con una citazione da una canzone dei Muse. Ed d è grazie alla preziosa e intrigante introduzione di Enrica Simonetti (che non esita a riconoscere il merito alle Donne in Corriera "se il romanzo le è finito tra le mani”) che entriamo nelle pieghe, anzi nelle pagine di questo libro, bello anche nella veste grafica, e “scaviamo” con l’autrice per decifrarne ogni nota, pardon, ogni rigo. E viaggiamo, proprio così, (la lettura non è un viaggio?) perché si attraversano tanti luoghi, diversi fra loro, anche se si comincia e si finisce a Saint Malo; e incontriamo tanti personaggi, così diversi uno dall’altro, che vivono di incontri intensi, sonori, come una musica. Ma riflettiamo anche su tanti temi: il principale potrebbe essere quello dell’affetto, anzi degli affetti, o dell’amore, ma ad una lettura più attenta entrano in gioco il sacrificio, i ricordi /il Ricordo, il segreto, l’identità, la nemesi… Le chiavi interpretative, come in ogni buon romanzo sono tante, perché le storie sono tante e si sovrappongono senza sfiorarsi, intrecciandosi in un finale aperto. Che rimanda al mare (passione che la Simonetti condivide con l’autrice).
Difficile procedere per ordine - anche se c’è un prologo - il libro infatti procede per flashbacks come in un film, e ci trasporta in alchimie emozionali fino a farci sentire “il respiro del mondo”, frase che, come un refrain, torna spesso fra le pagine. Difficile anche catalogarlo o rinchiuderlo in un solo genere, poiché in questo romanzo si mescolano più generi (diario, fantasy, giallo…). Avvincente, eppure non è un thriller, coinvolgente, eppure non è solo un romanzo psicologico o una storia drammatica, fantastico, eppure non è un fantasy (pur avendone possibili agganci, cfr. l’isola misteriosa dove si trova Il lago delle statue di sabbia), non una autobiografia… . A questo punto è la scrittrice stessa che ci illumina con una definizione inconsueta, affermando che il suo romanzo appartiene a un genere nuovo, “si identifica con il genere ‘umano’”. Con i sentimenti che fanno parte della natura umana. E la musica è l’arte che, meglio di ogni altra, parla al sentimento, all’interiorità. Abilissima, come un pianista con i tasti di un pianoforte, l’autrice a mettere tutto insieme, storie e Storia (la Shoah, la persecuzione degli zingari durante la seconda guerra mondiale, Chernobyl, le Torri gemelle), e lo fa grazie alla musica. Nella fattispecie un brano di Chopin, il Preludio n.4, un brano fatto solo di due note tenute con la mano sinistra, che ci sembra di sentire in tutta la sua drammaticità. Che tiene insieme il tessuto di una trama la cui musicalità è l’essenza stessa della scrittura : “La mia forza non è l’orecchio assoluto, l’esercizio continuo, la memoria straordinaria. Io non amo la musica, io sono musica”. Ricorda quasi la scrittura di Montaigne, dove l’autore è la materia stessa del libro, consustanziale, potremmo dire. Gli scrittori sanno raccontare il mondo, non solo se stessi, da più punti di vista, perché sanno osservarlo, amarlo. Quando i libri sono belli capita, nei momenti di libertà, di immaginare o di vederci i personaggi davanti, dice la Simonetti, e ci parla di uno dei protagonisti de L’ultimo concerto, Leonardo, il medico anestesista, personaggio strano, che ci offre una concezione più vasta della medicina, quale arte del conoscere (solo quattro volte vedrà Jeanne, eppure vivranno un rapporto molto intenso, malgrado le distanze… “percepì quel ritmo cardiaco che batteva all’unisono con lui” p.195). Un libro che apre a tante riflessioni: sulla coppia, sulla famiglia, sulla perdita di un figlio, ci lascia indagare il mistero dell’esistenza, che, come questa storia, si presta a più interpretazioni, malgrado la semplicità dello stile. Prima la musicalità della scrittura, poi la trama. Che sarebbe un film senza musica?
La musica è, davvero, una seconda protagonista, una colonna sonora del libro, per riprendere le parole di Enrica Simonetti. Laddove le belle falesie che fanno da scenario ad alcuni capitoli possono sfaldarsi e scomparire, la musica riemerge ed ha il potere di tenere tutto e tutti insieme, malgrado le distanze, geografiche e temporali, che non sempre dividono. La musica è la macchina che elimina il tempo, e possiamo dire che il libro si legge d’un fiato, non si lascia interrompere, come un concerto, L'ultimo concerto. Che poi è un inizio e non una fine.