Diario di bordo della visita studio a Bologna (p. II)

DATA: 16 Novembre 2016

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Diario di bordo IIa parte – VISITA A BOLOGNA 8.10.2016 con CIRA SANTORO

Le donne in corriera conoscono… Le arzille vecchiette dell’autobus 21 !

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a cura di ROBERTA MONACO

Incontriamo Cira Santoro il secondo giorno della nostra visita a Bologna, l’appuntamento è di mattina alla SALABORSA, fuori dalla biblioteca, in un luogo che non è solo una biblioteca ma una piazza…

Cira precisa subito al folto gruppo riunitosi attorno a lei che non è una guida turistica…, – per noi molto di più! – Bologna è la sua città adottiva, qui si è laureata nel 1985 con una tesi sul teatro, ma ha vissuto a Siviglia, a Sarajevo, e tra un viaggio e l’altro conosce non su una corriera ma su un autobus, l’autobus 21, un simpatico gruppo di “arzille vecchiette” (i cui racconti avrà cura di riunire nel divertente libro edito da Minerva edizioni, Bologna, 2014), che ispireranno la sua fantasia e la sua scrittura. Non potevamo non incrociare i nostri destini… culturali. Cultura e bisogni sembrano unirsi in questo luogo che in origine era una piazza pubblica, e ne mantiene la struttura medievale, ma che alla fine dell’800 era un mercato, luogo di scambi e incontri. Dal 2000 diventa Biblioteca, e Bologna diventa Capitale della cultura europea. Classico luogo “rifugio” dove se fa freddo fa comodo entrare, se si vuol fare una pausa, un “bisogno”, ci si ferma, insomma è un posto pubblico! Le sale sono straordinarie, è un vero e proprio luogo di studio. I testi della Biblioteca sono in rete fra loro (da una biblioteca si può accedere a tutte le altre per richiesta anche via web); un sistema interbibliotecario pensato davvero per tutti i tipi di utenza, come dimostrano gli spazi: per bambini, per adolescenti, per adulti (uso congressi). Lo visitiamo con curiosità e stupore, quello stupore che contraddistingue l’animo delle donne in corriera, che si sa sono affascinate dalle biblioteche e cantine dei libri.

Colpisce l’architettura del luogo, il pavimento in cristallo da cui si intravedono i ruderi romani dello scavo originario, le stratificazioni; sarebbe bello visitare il palazzo D’Accurzio del 1200, con giardino e fonte, ormai chiusi al pubblico (non esiste più, la sala Borsa è costruita sopra). Se alziamo gli occhi notiamo la copertura – fatta nel 1700 per il mercato – ricorda quelle della fine 800 di Napoli, Milano, Parigi, in metallo. Come il nome indica, gli scambi erano del tipo Borsa, titoli, perché a quel tempo gli scambi si facevano in piazza. Gli archi, in ferro battuto, erano un piccolo ufficio anagrafico dove la nostra Cira ricorda di aver fatto la prima carta d’identità… E il personale che vi lavora è tutt’oggi di altissimo livello. In realtà tutto ci sembra altissimo: in alto l’ URBAN CENTER, al 1° piano la MEDIATECA, al 2° piano i VIAGGI,e libero accesso ovunque! Purtroppo spesso il luogo è anche rifugio dei senza tetto, ed allora si sta riflettendo su come risolvere il problema, perché, seppur rispondente a un bisogno vero, la Salaborsa non può diventare un rifugio, un servizio o ricovero per i sentatetto, per i clochard, un semplice riparo, insomma. Il dibattito è in corso… In realtà questo la dice lunga sul grado di civiltà di Bologna, ci dice (aprendo una piacevole parentesi personale). Infatti, lei, tarantina, è qui che ha potuto realizzare la sua carriera che in Puglia avrebbe forse abortito. Subito i toni tristi sono colorati dal bellissimo e variopinto SPAZIO BEBÉ, con genitori che lasciano i loro bimbi (non senza aver indossato i soprascarpe!), possono leggere (le copertine dei libri rigorosamente ricoperte o plastificate), avere uno spazio a loro idoneo, allattare, usufruire di tanti servizi che alle famiglie fanno comodo, soprattutto di questi tempi. Insomma la gente viene perché il servizio offerto è di qualità. Tutto è informatizzato, ci sono tessere per il prestito, la restituzione, e si fa tutto da soli; ça va sans dire: le poltrone sono FRAU!

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Ci racconta delle varie giunte che si sono succedute, ma una sola giunta di destra (Guazzaloca) pur avendo sostenuto economicamente il progetto ha interferito su alcuni aspetti, per cui lo spazio centrale è stato privatizzato alle librerie che l’avevano trasformato in un mercato di bancarelle. Invece il bello è che ci si sente qui oggi in uno posto protetto ma “libero”: chiunque può accedervi liberamente, può prenotare una mostra, anche se a pagamento, interessante la mediateca straniera al piano di sopra, dove tanta gente legge silenziosa i giornali disposti con ordine e funzionalità. Giù entriamo in una grande sala per conferenze (finalmente trovo un bel piano di appoggio per i miei appunti!)

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Da un punto di vista architettonico hanno mantenuto lo stile ottocentesco, non si può non dirlo, afferma Cira, ed approfitta per raccontarci la sua idea di condurci per le diverse sale. L’arredamento è stato studiato ad hoc, pensato in base al tipo di utente, le poltrone in pelle a forma di guantone da baseball (zona adolescenti) per un attimo mi fanno perdere il resto del gruppo…

Meno male ci sono gli zainetti con il logo dell’Associazione che aiutano le disorientate come me!

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L’ultimo piano, un po’ separato dalla biblioteca, dove arriviamo salendo una bellissima scalinata

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si presenta come una sorta di vetrina della città: troviamo esposti ad esempio i modellini urbanistici di Bologna, oppure i luoghi dove si stanno svolgendo progetti e lavori, dato che il Comune si è dato degli obiettivi: costruire delle piste ciclabili, trasformare i vecchi mercati generali in un grande mercato del cibo; ovviamente Farinetti è all’interno del progetto, come pure la facoltà di agraria, poiché si comprende anche la storia del cibo (cfr. articolo della sottoscritta Ia parte, resoconto del prof. Alessandro Vanoli sulla storia di Bologna e del suo rapporto col cibo). Qui insomma i progetti sono per così dire “raccontati” e visibili, e si può visitare persino il percorso della progettazione delle piste ciclabili grazie ad una simulazione del progetto di trasformazione della città, tutto è in progress. Altra zona di riqualificazione è il “Lazzaretto”, che ha visto un momento di arresto per la crisi, ma che conta su quella tradizione di cooperativismo che è molto presente a Bologna. Infatti a tal proposito ci fa un esempio personale: lei abita in una casa degli anni trenta di proprietà di una cooperativa, la “Risanamento”, una casa, che mirava a dare ignitose agli operai, dalla fine dell’800. Ci racconta di un grande cortile, vicino al centro, uno spazio giochi, una zona condominiale, dove ci si sente una comunità, tutto scorre, si socializza…

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Sono stupita dalla segnaletica che è talmente friendly da non darti dubbi sui percorsi possibili, ti aiutano a girare la SALABORSA senza aver bisogno di chiedere informazioni, che dire? L’info viene da te…

CIRA SANTORO, mentre siamo un po’ tutti distratti dalle maquettes, dai plastici bellissimi – le archistar hanno pensato a tutto (palestre, casa della salute) – non perde occasione di parlarci di Bologna, di intrattenerci con digressioni interessanti che ci fanno entrare nei dettagli di ogni cosa, ad esempio ci spiega che nel periodo del sindaco Zanardi, negli anni 1920, in funzione della crisi, nella Sala Borsa si fece anche un ristorante a basso prezzo per i poveri. Il forte senso civico dei bolognesi non lascia dubbi: la tassa di soggiorno di 2 euro è più che meritata. E a questo punto non esita a rispondere a domande dirette sulla sua vita, la sua storia…

tanto fuori piove…

Nata a Grottaglie, arriva a Bologna nel 1985. Inizia a lavorare solo con il diploma di scuola magistrale, rinuncia al posto fisso nella scuola per lavorare, prima al comune poi altrove. A Bologna si laurea in Lettere Moderne con una tesi sul teatro. Ha vissuto a Siviglia, a Sarajevo mantenendo sempre la residenza a Bologna che diventa nel frattempo la sua città adottiva. Si occupa di teatro professionalmente, dirigendo il teatro Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna. E un vero e proprio coup de théâtre si verifica, a breve, quando l’intero gruppo verrà convogliato altrove. Dove? In una deliziosa libreria, tenuta da donne.

La visita continua al di fuori, “cade la pioggia ma che fa”, recita la canzone di Gianni Morandi, per rientrare dopo una breve passeggiata fino a via Goito, dove veniamo accolte in una bellissima libreria (Trame), piccola ma deliziosa. Delle due libraie sorridenti alla vista di tanti “lettori” in carne e ossa, Nicoletta, che subito si fa chiamare Nico, ci invita a prendere posto. Inutile dirvi la mia emozione quando mi sono seduta su una sedia di legno sul cui sedile erano dipinti a mano “I diritti del lettore” di Daniel Pennac, che da buona francesista, sono ormai una specie di vademecum quando affronto a scuola il tema della lettura con i ragazzi.

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Dunque, orecchie “accese”, i quarantasette partecipanti partecipano emotivamente al racconto delle arzille vecchiette dell’autobus 21 da cui eravamo partite…Anzi da cui Cira era partita, poiché ha trovato la somiglianza con noi, con il nostro viaggiare, scoprire, leggere, raccontare! E lei di questa esperienza ne ha fatto un libro, di racconti appunto, (Le arzille vecchiette dell’autobus 21, Minerva Edizioni, Bologna, 2014), storie brevi ma intense come piccole istantanee, che raccontano un microcosmo di umanità. Lei ha iniziato a prendere questo autobus frequentato da vecchiette, dirette verso un cimitero, che andava fino a Casalecchio… Ha cominciato ad ascoltare quella specie di salotto per le allegre vecchiette che parlano e parlano e parlano, così la loro miniera di storie diventa materia prima per la costruzione di un libro ricco di sfumature linguistiche, sociali…

Si tratta di vecchiette di cui è stato facile per Cira cogliere gli aspetti positivi, inclusivi, vitali, battaglieri (non dimenticate, Bologna: medaglia d’oro per la Resistenza), l’apertura ai cambiamenti, alla sessualità. le ha fatte parlare con la loro lingua, il loro accento, i loro idiomi, i loro suoni (non è poi il bolognese una musica per le nostre orecchie?); è stata una sfida, per una pugliese come lei, una “partigiana” della scrittura, iniziata sotto forma di blog, e diventata poi un libro. Così, la parte più bella per tutti è proprio ascoltarla mentre ci legge alcuni racconti, brevissimi tra l’altro, La Rosa di corallo, è il primo.

Questo di Cira non solo è un libretto divertente, c’è un modo di vedere il mondo che è proprio a molti bolognesi; è una lezione di ascolto: “ascolto della vita che ci passa accanto anche in forme anonime, che varrebbe la pena di non trascurare. Se non stiamo attenti, ci può succedere di perdere umanità”…

Grazie a Cira santoro, e al prossimo viaggio!

 

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